
Molto schematicamente, secondo le ricostruzioni più accreditate, inizialmente si ebbero tre tipologie di fenomeni vulcanici sottomarini: a) eruzioni esplosive; b) eruzioni “più tranquille” con accumulo di magma sul fondale; e c) intrusioni di magma all’interno degli strati argillosi al di sotto del fondo marino. Mentre le prime rientravano nella più classica modalità eruttiva di gas e lapilli espulsi da un cratere, o faglia anche sommersa, le altre due assunsero aspetti alquanto differenti legati soprattutto al processo di raffreddamento del magma.
Nella tipologia b, il magma che fuoriusciva dalla faglia raffreddandosi rapidamente si accumulava su se stesso assumendo una forma rigonfia che i vulcanologi definiscono “pillow” (in inglese: cuscino). La rupe su cui sorge il maniero del paese di Aci Castello costituisce l’esempio più vistoso di questa dinamica eruttiva, anche se fu accompagnata pure da fenomeni esplosivi con formazioni di rocce chiamate ialoclastiti.

Ovviamente non fu solo il fondale dell’attuale Aci Trezza a sollevarsi al di sopra del livello del mare, ma anche quello di Aci Castello facendo così emergere il “pillow” di roccia magmatica che costituisce l’attuale rupe su cui s’innalza il castello. Originariamente essa si presentava come un isolotto circondato dall’acqua. Successive colate laviche che dall’Etna raggiunsero il mare la saldarono poi alla terraferma. Dopo centinaia di millenni di erosione ad opera del mare e degli agenti atmosferici, la rupe ha assunto un aspetto di forma prismatica e con un’altezza all’incirca di 35 metri, e (per la gioia dei bagnanti nella stagione estiva) è circondata da una piattaforma sempre lavica grossomodo ellittica larga una trentina di metri: “… Le lave a Pillow della Rupe sono uno degli esempi più citati nella bibliografia scientifica mondiale più accreditata sull’argomento, e la più vecchia manifestazione affiorante dell’area vulcanica etnea: la base della Rupe è stata datata 500 mila anni fa, e ciò costituisce il responso più antico delle datazioni di vulcaniti conosciute dell’area etnea. Con un carattere simbolico, ma con un sostanziale fondamento scientifico si potrebbe pertanto affermare che la Rupe rappresenta l’inizio e la relativa ubicazione dell’attività vulcanica dell’Etna: QUI È NATO IL VULCANO ETNA! …”. (da: “Qui è nato il vulcano Etna”, di Giuseppe Filetti, in: Agorà, 1/2000).
Le dinamiche geologiche posteriori fecero crescere il vero e proprio cono vulcanico dell’Etna a distanza dalla rupe/pillow originaria. Tuttavia, come hanno appurato le più accurate analisi geologiche, Aci Castello e tutte le altre località vicine, compresa Catania, fanno sempre parte del cono vulcanico che prosegue per un lungo tratto anche sul fondo del mare.
La rupe invece, in età storica, attirò sempre più l’attenzione degli uomini. Secondo gli studiosi, molto probabilmente furono già i Greci ed i Romani che ne compresero il suo valore strategico, costruendovi strutture fortificate di cui però si è persa ogni traccia. Altrettanto sicuramente fecero i Bizantini i quali tuttavia dovettero arrendersi agli Arabi invasori che finirono per distruggere tutto ciò che era stato costruito sulla rupe. Si deve ai successivi conquistatori Normanni l’inizio della costruzione del vero e proprio castello secondo stile ed architettura gotica, con gli archi acuti delle porte ed i costoloni sui soffitti delle stanze. Dai medesimi Normanni il castello venne successivamente concesso ai vescovi di Catania. Secondo la tradizione proprio in questo maniero nel 1126 il vescovo Maurizio ricevette le reliquie di Sant’Agata che i cavalieri Goselino e Gisliberto avevano riportato in Sicilia da Costantinopoli. Un affresco, molto rovinato, all’interno di una piccola cappella del castello ricorda quest’evento.

Nel Quattrocento, il secolo dei primi vicerè in Sicilia, il castello di Aci fu venduto più di una volta dal sovrano aragonese Alfonso il Magnanimo sia al vicerè di Sicilia Ferdinando Velasquez, sia al suo segretario Giambattista Platamone. Allorchè tuttavia il successore di re Alfonso, Giovanni II d’Aragona, ne rivendicò il possesso nei confronti dell’erede del Platamone, Sancio, quest’ultimo si rifiutò di cederlo. Il castello venne quindi di nuovo assediato e preso d’assalto. Sancio e suo figlio furono catturati e rinchiusi nelle prigioni del Castello Ursino a Catania, dove morirono.
Anche il medesimo castello di Aci il secolo successivo venne adibito a prigione. La sua principale funzione tuttavia fu quella di luogo di avvistamento e segnalazione di tutte le possibile minacce provenienti dal mare. Ma una data importante per il castello e la cittadina ai suoi piedi fu il 1528, anno in cui l’imperatore Carlo V affrancò Aci Castello da qualsiasi tipo di vassallaggio feudale e fiscale, erigendola a Comune, dietro il pagamento di 72.000 fiorini.

All’inizio dell’800 il castello di Aci venne acquisito dal Demanio Comunale, ma un altro terremoto, nel 1818, lo danneggiò nuovamente, tanto che non fu più possibile utilizzarlo come carcere. Per la fortezza cominciò così un lungo periodo di declino nonostante che alla fine dell’800 venisse immortalato nelle lastre di Giovanni Verga, appassionato di fotografia. Il medesimo scrittore scrisse anche una novella ambientata nel castello, Storie del Castello di Trezza, che traspose anche in forma di sceneggiatura cinematografica – volendo ricavare un po’ di soldi dalla ancor giovane settima arte – ma senza poi riuscire a piazzarla.
Dopo essere stato usato nella prima metà del XX secolo persino come deposito di masserizie, finalmente tra il 1967 ed il 1969 il castello vide un primo restauro ad opera della Soprintendenza ai Monumenti della Sicilia Orientale. Nel 1985 al suo interno venne inaugurato un piccolo museo contenente una sezione mineralogica, una paleontologica (fossili) ed una di archeologia marina antica. Un mini orto botanico ed una piccola pinacoteca completano le attuali collezioni museali del castello.
Specie nel periodo estivo, il “castello sulla culla dell’Etna” inoltre è sede di mostre, concerti, convegni, ecc. che contribuiscono a coinvolgerlo nella vita culturale di Catania e di tutta l’area etnea, ed a valorizzarlo ulteriormente.
Altre immagini:
Nota bibliografica. La fonte principale di tutte le informazioni geo-vulcanologiche è stato l’articolo di G. Filetti, “Qui è nato il vulcano Etna”, in: Agorà, 1/2000. Altri articoli consultati: P. Carveni, S. Benfatto, M. Salleo Puntillo, “Un itinerario geo-turistico da Catania a Taormina, attraverso la Riviera dei Ciclopi (Sicilia Orientale)”, in: Atti del Convegno Nazionale di Turismo Geologico, Nicolosi (Ct), 23-24 settembre 2016; e le informazioni geologiche del sito dell’Area Marina Protetta Isole Ciclopi (www.isoleciclopi.it). L’esatta ricostruzione delle fasi geologiche e delle loro modalità in tutta l’area della Riviera dei Ciclopi è ancora oggetto di studio e discussione tra i vulcanologi, ad es. per quanto riguarda la datazione della copertura lavica che saldò la rupe del castello alla prospiciente scogliera (per alcuni di epoca preistorica, per altri addirittura di età medievale).
Le notizie sulla storia del “castello sulla culla dell’Etna” sono tratte dal sito del Comune di Aci Castello, www.comune.acicastello.ct.it . Testo e foto di Ignazio Burgio, all’infuori del quadro di Ruggiero di Lauria tratto da Wikipedia. Articolo pubblicato il 18 novembre 2021.
Come arrivare ad Aci Castello. Dall’autostrada Messina – Catania uscire allo svincolo di Acireale e proseguire verso sud lungo la statale 114 in direzione di Catania. Superato l’abitato di Aci Trezza si arriverà ad Aci Castello e al “castello sulla culla dell’Etna”.
Da Catania seguire la medesima statale 114 verso Nord, o in alternativa il parallelo lungomare panoramico: entrambi conducono ad Aci Castello. Da Catania la linea 534 degli autobus urbani giunge ad Aci Castello e Aci Trezza.



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