Come quasi tutte le principesse del passato, anche Eleonora d’Angiò (1289 – 1341), ottogenita e terza figlia di Carlo II, re di Napoli, fu considerata sin da bambina un semplice mezzo per stringere alleanze politiche tramite i matrimoni con i potenti d’Europa. All’età di appena dieci anni venne promessa sposa ad un altro nobile bambino di nove anni, Philippe de Toucy, che sarebbe poi diventato un importante aristocratico francese al servizio degli Angioini. Ma l’anno dopo nel 1300 i suoi sovrani e familiari evidentemente ci ripensarono e fecero recapitare al papa Bonifacio VIII una lettera firmata da lei stessa in cui chiedeva di essere sciolta dalla promessa. Il papa volle vederci chiaro ordinando all’arcivescovo di Napoli, Filippo Minutolo, di indagare. Poi però diede il consenso allo scioglimento dell’impegno matrimoniale, sicuramente perché essendo il Regno di Napoli e la dinastia angioina strettamente legati al papato, pensò che si potesse trovare un partito più conveniente. Due anni dopo infatti, all’inizio dell’anno 1302, le attenzioni vennero rivolte al versante aragonese.
Si era nel pieno della Guerra del Vespro, combattuta per terra e per mare tra i nobili siciliani guidati dal re di Sicilia, l’aragonese Federico III da un lato e dall’altro lato gli Angioini del Regno di Napoli cacciati dalla Sicilia nel 1282 dopo la Rivolta dei Vespri. Paradossalmente, il re Carlo II d’Angiò era appoggiato dal sovrano di Aragona Giacomo II, fratello di Federico III. Fu proprio Giacomo II che all’inizio del 1302 propose di far sposare la tredicenne Eleonora con Sancio, il figlio minore del re di Maiorca, suo alleato. Ma neanche questo progetto andò in porto. Nell’estate del medesimo anno tuttavia venne stipulata fra gli opposti schieramenti la Pace di Caltabellotta che prevedeva di lasciare a Federico III, col titolo di Re di Trinacria, la sovranità sulla Sicilia vita natural durante ed il ritorno dell’isola agli Angioini dopo la sua morte. Per suggellare quest’importante accordo si decise di dare Eleonora in moglie a Federico.
Nella primavera dell’anno successivo, Eleonora si allontanò per la prima volta da Napoli, sua città natale, dove aveva sempre vissuto, per raggiungere via mare Reggio, dove giunse il 13 maggio, e da lì Messina qualche giorno dopo. Oltre che dall’entusiasmo dei messinesi che costruirono per lei nel porto un apposito molo d’approdo, era accompagnata anche da tutto il suo seguito di nobili e cortigiani, nonché da tutti i suoi preziosi gioielli che portava in dote al suo matrimonio. Il 26 maggio, giorno di Pentecoste, la quattordicenne principessa angioina si recò parata a festa nella Cattedrale di Messina dove l’arcivescovo della città celebrò le sue nozze con il trentenne Federico III.
Katia Foti dell’Associazione Rievocazioni Storico-Religiose di Montalbano Elicona (Me) e fondatrice dei laboratori di archeologia sperimentale Medioexpo, ha ricostruito gli abiti sontuosi indossati dagli sposi sulla base delle scarne fonti dell’epoca. Ha così confezionato due costumi medievali dallo stile bizantino, poiché nella moda di lusso dell’epoca era quello prevalente. I costumi, impreziositi da ricami, perle e gemme, sono attualmente conservati nel Museo civico del Castello di Montalbano Elicona, in provincia di Messina.
Nel 1304 nacque alla coppia reale la primogenita Costanza, e l’anno successivo il figlio maschio Pietro. In quest’occasione Federico III concesse alla sua consorte le rendite e la giurisdizione civile e penale della cittadina di Avola (oggi in provincia di Siracusa) con tutto il suo territorio. Eleonora ricevette infatti l’investitura feudale da parte del marito, al quale giurò obbedienza come un qualsiasi cavaliere feudale. Il significato politico era evidente, poiché anche a motivo degli interessi dei suoi figli, la regina angioina accettava di stare sempre più dalla parte del suo marito e sovrano aragonese.
Nel corso degli anni ai diritti feudali su Avola si sarebbero aggiunti altre città e territori (Siracusa, Lentini, Mineo, Vizzini, Paternò, Castiglione, Francavilla e i casali della Val di Stefano di Briga) formando quell’istituzione che sarebbe stata poi definita “Camera Reginale” e che sarebbe stata in vigore fino al 1537. Secondo gli studiosi Paul Devins e Alessandro Musco, proprio i proventi derivanti dai suoi territori sarebbero stati impiegati dalla regina Eleonora per costruire il complesso megalitico dell’Argimusco, nell’altopiano sopra Montalbano Elicona. Pur risiedendo ufficialmente a Palermo, Federico III con tutta la sua famiglia soggiornava spesso a Montalbano per approfittare delle acque terapeutiche della fonte Tirone. Soffriva infatti di gotta e il suo medico, il catalano Arnaldo da Villanova (o Arnau de Vilanova), gli aveva prescritto questa cura.
Sempre secondo Devins e Musco, il medesimo Arnaldo, oltre che medico anche astrologo e alchimista, intorno al 1310 avrebbe convinto i sovrani Federico ed Eleonora a costruire sull’Argimusco una riproduzione sotto forma di rocce delle costellazioni del cielo notturno in estate, a scopo terapeutico: come una sorta di talismano in pietra, le rocce avrebbero dovuto attirare sui malati al loro interno gli influssi benefici delle corrispondenti costellazioni. L’edificazione dei megaliti – alcuni ottenuti dalla modifica di rocce preesistenti, altri mettendo insieme rocce più piccole, come nel caso dell’Aquila, che riporta ancora evidenti tracce di intervento umano – avvenne in gran segreto per evitare problemi con le autorità ecclesiastiche e gli ordini religiosi (i francescani avevano già condannato l’Alchimia, il papa Giovanni XXII lo avrebbe fatto qualche anno dopo nel 1317). Secondo i medesimi studiosi, la stessa regina Eleonora potrebbe essere stata immortalata tra i megaliti, in quella che è chiamata comunemente l’Orante, corrispondente alla costellazione della Vergine.
L’influenza culturale e spirituale di Arnaldo da Villanova sul re Federico III e soprattutto su Eleonora la si può riscontrare anche da una delle opere che il medico catalano scrisse proprio durante uno dei suoi soggiorni in Sicilia, la “Informaciò espiritual al Rei Frederic de Sicilia” in cui esortava il sovrano a governare in maniera sobria e morigerata, favorendo l’educazione religiosa e la giustizia sociale. E rivolgendosi specificatamente alla regina, la invitava ad evitare le letture mondane e a dimostrarsi un esempio di santità per i suoi sudditi, organizzando gruppi di preghiera e visitando gli ospedali. Il carattere di Eleonora del resto era già stato formato da un’educazione ed una tradizione angioina di forte tradizione cristiana, soprattutto di appoggio agli ordini religiosi come i benedettini e i francescani. Successivamente, nel 1329, avrebbe poi fondato anche il convento francescano con annessa chiesa di S. Maria Immacolata a Catania.
Nel 1312 ripresero le ostilità tra Federico III e il Regno di Napoli sotto il suo nuovo sovrano Roberto d’Angiò, appoggiato sia dal Papa che dal re Giacomo II d’Aragona. Fino alla morte del marito, nel 1337, Eleonora cercò di mediare tra gli opposti schieramenti accogliendo le lettere e le richieste del Papa e del re di Aragona di convincere Federico III, per di più scomunicato dal pontefice, ad essere meno intransigente al fine di trovare una soluzione alla guerra. Pur se certamente in pieno conflitto di coscienza, la regina Eleonora pur essendo angioina tuttavia non poteva sacrificare gli interessi dei suoi figli – oltre a Costanza e Pietro ne ebbe altri sette – e comprensibilmente finì per stare sempre dalla parte del marito e sovrano aragonese di Sicilia (anzi di Trinacria). Allorché infatti nel 1322 Federico III associò al trono il figlio Pietro anche lei presenziò alla cerimonia d’incoronazione.
Il 25 giugno del 1337 Federico III morì a Paternò. Poiché a causa del caldo la sua salma non poteva essere trasportata fino a Palermo, Eleonora lo fece seppellire nella Cattedrale di Catania. Il figlio divenne quindi il nuovo ed unico sovrano col nome di Pietro II, ma dal momento che non aveva molta dimestichezza con gli affari di governo, fu sua madre stessa a cercare di gestire sia la politica interna che quella estera, ma senza alcun successo in realtà. Nel 1338 ad esempio si recò di persona a Lentini per risolvere un contrasto tra la potente casata dei Chiaramonte (da essa appoggiata) e quella rivale dei Ventimiglia. Il castellano di Lentini, Ruggero Passaneto, era accusato da Giovanni Chiaramonte di corruzione in quanto aveva intenzione di rilasciare dietro compenso Francesco Ventimiglia. Quest’ultimo era stato affidato alla sua custodia dopo uno scontro col Chiaramonte. Allorchè tuttavia Eleonora si recò al castello di Lentini, il Passaneto si rifiutò anche di farla entrare, minacciando persino di cedere la fortezza agli angioini. La questione fu poi risolta da Blasco Alagona che riuscì a mediare col Passaneto.
Nonostante i suoi sforzi, Eleonora d’Angiò non riuscì a trovare alcuna soluzione nemmeno alla guerra col Regno di Napoli. Nel 1340 infatti mandò due suoi emissari (il catanese Guido di Santa e Matteo di Marsala, di Noto) sia alla corte aragonese, a Barcellona, sia presso il papa Benedetto XII, a quel tempo ad Avignone, per chiedergli di riconoscere Pietro II come suo vassallo e dunque anche come re di Sicilia (feudo, insieme a tutto il Regno di Napoli, del Papato). Ma Benedetto XII si rifiutò decisamente, riaffermò che la Sicilia era di diritto di Roberto d’Angiò e incitò quest’ultimo alla guerra contro l’usurpatore Pietro per la riconquista dell’isola.
Profondamente delusa da tutti questi insuccessi, Eleonora lasciò suo figlio Pietro, insieme al governo della Sicilia nelle mani della sua nuora, e rivale, Elisabetta di Carinzia, appoggiata da un’altra potente famiglia siciliana, quella dei Palizzi. Abbandonò anche la corte per condurre una vita esclusivamente religiosa e pressocchè ascetica alle falde dell’Etna. Soggiornò per qualche tempo in una piccola villa dalle parti dell’odierna Belpasso, poi nel villaggio La Guardia vicino al Monastero benedettino di S. Nicolò La Rena, all’epoca presso l’attuale paese di Nicolosi (prima che nel ‘500 venisse trasferito a Catania). Proprio in quel monastero che veniva da lei frequentemente visitato per partecipare alle preghiere, il 10 agosto del 1341 spirò, e venne sepolta nella chiesa catanese di S. Maria Immacolata. Durante il grave terremoto che sconvolse oltre Catania anche la Sicilia sud-orientale, il suo sarcofago di marmo venne gravemente danneggiato, e di esso ne rimane attualmente solo una parte conservata al Castello Ursino di Catania.
Costumi nuziali di Eleonora d’Angiò e Federico III ricostruiti da Katia Foti (Museo Civico del Castello di Montalbano Elicona – Me):
In questo stesso sito: I misteriosi megaliti di Montalbano Elicona (Me)
Fonti bibliografiche.
Andreas Kiesewetter, Eleonora d’Angiò, regina di Sicilia, in: Dizionario biografico degli Italiani, www.treccani.it .
Vivere il Medioevo, Il matrimonio di Eleonora d’Angiò con Federico III d’Aragona, in: “Usi & costumi del Medioevo”, armadiodelmedievalista.blogspot.com .
Paul Devins, Alessandro Musco, Argimusco decoded, Barbelo&Sophia Editore.
AA.VV. Argimusco, capolavoro della medicina astrale medievale, www.argimusco.cloud
Paola Vitolo, Conventus iste fundatricis reginae tumulo non parum illustratur. Il sepolcro di Eleonora d’Angiò nella chiesa di San Francesco a Catania, in: Mélanges de l’École française de Rome – Moyen Âge, journals.openedition.org/mefrm/3651 .
Testo di Ignazio Burgio. Le immagini fra il testo provengono da Wikipedia. Le prime due ritraggono Eleonora d’Angiò e Federico III in abiti bizantini nel Duomo di Messina. La terza i colossali megaliti della Vergine Orante (forse la regina Eleonora?) e del volto maschile sul sito dell’Argimusco, sopra Montalbano Elicona (Me). L’ultima raffigura Eleonora insieme alle sue sorelle, ed è parte di una miniatura dell’epoca.
Si ringrazia la prof.ssa Graziella Milazzo per le foto degli abiti nuziali confezionati da Katia Foti e conservati al Museo Civico del Castello di Montalbano Elicona (Me).
Articolo pubblicato il 19 ottobre 2021.
Come arrivare a Montalbano Elicona e ai megaliti dell’Argimusco. Provenendo dall’autostrada A20 (Palermo-Messina) uscire al casello di Falcone, e subito dopo imboccare a sinistra la strada che sale verso Montalbano Elicona. Una volta giunti al paese, seguire la segnaletica per l’Argimusco (6 km).
Provenendo dall’autostrada A18 (Catania-Messina) uscire a Giardini Naxos e proseguire poi in direzione di Francavilla di Sicilia, Alcantara e Roccella Valdemone. Superato quest’ultimo paese seguire la provinciale SP2 fino al bivio con la provinciale SP110, ed imboccarla in direzione di Montalbano. Dopo circa 300 metri imboccare sulla destra la provinciale SP115 fino a raggiungere l’Argimusco (2 Km).
Per saperne di più sui megaliti dell’Argimusco:
ARGIMUSCO DECODED di Paul Devins, Alessandro Musco Editore: Barbelo&Sophia Pagine 330 On line su: www.lulu.com ed altre librerie in rete. |
ARGIMUSCO DECODED, GUIDA ALLA COMPRENSIONE DELLO SPECCHIO DELLE STELLE, di Paul Devins e Graziella Milazzo Pagine 44 On line su: www.lulu.com ed altre librerie in rete. |