(tratto dal Convegno “Ercole Patti tra letteratura e cinema”, Catania, 1 dicembre 2001).
Ercole Patti (Catania, 1903 – Roma, 1976), scrittore e giornalista, giramondo come corrispondente di vari quotidiani, fu anche sceneggiatore ed occasionalmente anche attore cinematografico. In questo articolo Franco La Magna ricorda il suo contributo al mondo del cinema, insieme a quello dei suoi romanzi trasferiti su pellicola, come il caso di “Un bellissimo novembre”, la sua opera più famosa.
Quando esordisce “cinematograficamente” Ercole Patti ha 32 anni. Nel 1935 lo si ritrova intruppato nella pattuglia degli sceneggiatori, insieme a Ivo Perilli e Mario Soldati, del popolaresco “Il cappello a tre punte” (1934) con Eduardo e Peppino De Filippo; quindi ancora in coppia con Ivo Perilli in “Come le foglie” (1935), con Nino Besozzi e Isa Miranda, entrambi per la regia di Mario Camerini, il regista che forse più di ogni altro ha segnato il cinema dell’era fascista, con le sue commediole svolazzanti infarcite di buoni sentimenti. Lo stesso anno è ancora cosceneggiatore (con mario Camerini, Ivo Perilli e Cesare Zavattini) di “Darò un milione” (1935) regia di Mario Camerini, tratto dal racconto “Buoni per un giorno” di Giaci Mondaini e Cesare Zavattini, film che segna l’esordio della coppia Vittorio De Sica-Assia Noris, destinata ad un crescente successo. Con Mario Soldati e Piero Solari, eccolo ancora sceneggiatore dell’esotico “Il grande appello” (1936) e con Soldati di “Ma non è una cosa seria” (1936), da Pirandello, con Assia Noris-Vittorio De Sica, regia di Mario Camerini.
Negli anni ’40 appone la sua firma all’avventuroso “Senza cielo” (1940) di Alfredo Guarini, con Fosco Giachetti e Isa Miranda, proseguendo l’intensa carriera con il lacrimevole “E’ caduta una donna” (1941) ancora di Guarini, interpreti Rossano Brazzi e Isa Miranda; Il “Bravo di Venezia” (1941) di Carlo Campogalliani ambientato in una torbida e infida Venezia governata dal Consiglio dei Dieci e la spy-story “Documento Z3” (1942) di Guarini, con Claudio Gora e Isa Miranda.
Parzialmente tratto dalle sue acute cronache di costume nel 1945 esce il moralistico “Quartieri alti” regia di Mario Soldati, che il catanese sceneggia con Renato Castellani, Mario Soldati e Stefano Vanzina, mentre nel 1946 si diverte ad apparire incidentalmente come attore – nei panni di un insegnante – nell’amaro “Mio figlio professore” di Renato Castellani. Cosoggettista e cosceneggiatore (insieme a Vitaliano Brancati ed altri) del drammatico “Tre storie proibite” (1952) di Augusto Genina, con Gino Cervi, Gabriele Ferzetti, Antonella Lualdi, Isa Pola ed Eleonora Rossi Drago, scrive l’anno successivo soggetto e sceneggiatura del gustoso “Incidente a Villa Borghese”, uno degli episodi del film “Villa Borghese” (1953) di Gianni Francolini, con Vittorio De Sica, Giovanna Ralli, Maurizio Arena e Aldo Giuffrè. Da un suo racconto viene ricavata la trasposizione cinematografica dell’episodio “Gli innamorati”, una coppia dalla contorta psicologia, con Andrea Checchi e Alba Arnova, che Alessandro Blasetti inserisce nel film “Tempi nostri” (Zibaldone n. 2, 1954).
Ancora cosceneggiatore di “Un po’ di cielo” (1955) di Giorgio Moser, con Gabriele Ferzetti, Aldo Fabrizi, Peppino De Filippo e Tina Pica, licenzia nel 1956 il romanzo “Un amore a Roma” che prima trasforma in un’opera teatrale e poi diventa anche un film – dal notevole scavo psicologico – diretto da Dino Risi nel 1960, che i francesi – riferendosi alla voracità sessuale della protagonista – titolano L’inassouvie (L’insaziabile). Interpreti Peter Baldwin e Milène Demongeot, per una coproduzione italo-franco-tedesca, in cui fugacemente lo stesso Patti, sceneggiatore con Ennio Flaiano, fa da fugace e sorridente comparsa.
Con un nutrito gruppo di scrittori è nuovamente sceneggiatore di “Io amo, tu ami…” (Antologia universale dell’amore, 1961) di Alessandro Blasetti altra coproduzione italo-francese. Sergio Sollima trae e dirige l’episodio “Le donne” (dal film “L’amore difficile”, 1961, coproduzione italo-tedesca) ancora da un racconto del catanese, interpreti Claudia Mori, Enrico Maria Salerno e Catherine Spaak.
Trasposti in film i romanzi omonimi: “Un bellissimo novembre” (1969) di Mauro Bolognini, coproduzione italo-francese, con Gabriele Ferzetti, Gina Lollobrigida e Paolo Turco, dalla chiusa diametralmente opposta a quella letteraria; “La seduzione” (1973) di Fernando Di Leo, con Lisa Gastoni, Maurice Ronet, Jenny Tamburi e Pino Caruso (dal romanzo “Graziella”); “La cugina” (1974) di Aldo Lado, con Stefania Casini, Christian De Sica, Massimo Ranieri e Dayle Haddon e “Giovannino” (1976) di Paolo Nuzzi, con Christian De Sica, Jenny Tamburi e Tina Aumont, tutti ambientati e girati in gran parte tra Catania e Acireale. Mario Monicelli rinunzia al progetto di realizzare un film dall’ultimo romanzo del catanese, “Gli ospiti di quel castello”, vincitore nel 1974 del premio Brancati-Zafferana e dal quale Bernardino Zapponi ha già ricavato la sceneggiatura.
Si ringrazia Franco La Magna, storico del cinema e critico cinematografico, per questo articolo tratto dal Convegno “Ercole Patti tra letteratura e cinema”, Catania, 1 dicembre 2001. La foto, tratta da Wikipedia, ritrae Ercole Patti.
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