Gli straordinari tesori del Museo Regionale di Messina

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I tesori del Museo di MessinaIl Museo Regionale di Messina è già di per sé molto famoso per i due quadri di Caravaggio (alias Michelangelo Merisi) che ospita all’interno della sua ricca pinacoteca, ovvero L’adorazione dei pastori e La Resurrezione di Lazzaro. Non potevano naturalmente mancare anche due dipinti di Antonello da Messina, ovvero due esempi di Madonna col Bambino uno dei quali (qui riportato nella prima immagine) è un polittico raffigurante anche altri santi.
Ma molti altri straordinari tesori sicuramente meno famosi sono contenuti al suo interno, a cominciare dalla sezione di archeologia antica, dove si può ammirare anche il rostro di un’antica nave militare romana. Incastonati nel legno delle prue delle navi da guerra, i robusti e temibili rostri metallici avevano la funzione di speronare a grande velocità i fianchi dei vascelli nemici in maniera da provocare falle sul loro fasciame di legno e farli affondare. Quello che si trova al museo di Messina è stato scoperto e recuperato l’8 settembre del 2008 in località Acqualadroni (Me). La particolarità di questa scoperta è la presenza di pezzi di legno della prora dell’antica nave su cui era incastonato il rostro, cosa assolutamente rara. Non si è ancora potuto appurare con precisione in occasione di quale battaglia navale il rostro sia affondato in mare. L’ipotesi più probabile concerne lo scontro di Nauloco, presso Milazzo, nel 36 a. C. dove si affrontarono le flotte di Sesto Pompeo e di Agrippa, luogotenente di Augusto.
Al periodo medioevale appartengono alcuni mosaici in stile bizantino dal disegno molto raffinato e dai ricchi colori, quale ad es. una Madonna col Bambino su fondo dorato. Un’altra Madonna col Bambino, ma sotto forma di statua marmorea quattrocentesca, presente al museo è quella realizzata dallo scultore dalmata Francesco Laurana (1420-1502) nel corso della sua permanenza in Sicilia. Caratteristica poco comune è la presenza sulla statua di tonalità di colore, come i capelli dorati della Vergine sotto il suo velo, ed i risvolti scuri del suo mantello. Normalmente infatti dal medioevo in poi tutte le statue di marmo venivano lasciate col colore candido, al contrario che in età antica dove le statue erano poi ricoperte di colori in tutti i loro dettagli. Un’altra statua col medesimo stile è quella di Santa Caterina d’Alessandria dello scultore Giovan Battista Mazzolo (realizzata intorno al 1520), anch’essa con capelli colorati in oro, e bordi della tunica in nero e oro. Le sale del museo naturalmente traboccano di tanti altri esempi di statue e bassorilievi di argomento religioso, come anche di insoliti arredi ecclesiastici, come un leggio in bronzo a forma di pellicano appartenente al XVI secolo.
All’interno del Museo di Messina è presente anche un altro pittore di Caravaggio, ovvero Polidoro Caldara. Come il più famoso Michelangelo Merisi, nacque anch’egli nel 1499 nella medesima cittadina bergamasca per diventare poi allievo del grande Raffaello Sanzio. Giunto a Messina nel 1528 vi rimase fino alla morte intorno al 1543, realizzando numerosi dipinti manieristici molti dei quali si trovano ancora in varie parti della Sicilia. Nel museo messinese si trova un’Adorazione dei pastori, un olio su tela realizzato tra il 1533 e il 1535.
Contemporaneo di Polidoro Caldara (nato nel medesimo anno in Toscana) fu lo scultore Giovan Antonio da Montorsoli, che negli anni giovanili lavorò con Michelangelo Buonarroti. Giunto a Messina realizzò diverse opere in marmo tra cui la Fontana di Nettuno di cui si possono ammirare nel museo le statue originali di Nettuno e Scilla.
Tra i tantissimi altri dipinti di ogni epoca, dal Rinascimento fino al XIX secolo ne spiccano anche alcuni curiosi che rivelano lo spirito dei loro tempi. È il caso ad es. di un quadro molto colorato di Pietro Sollima, pittore della prima metà del ‘600, che rappresenta un’allegoria del Rosario, come un albero al centro del quale vi è anche qui la classica Madonna col Bambino attorniata da angeli e santi. Sotto di lei vi sono le rappresentazioni dei vari misteri (della Gioia, della Gloria, del Dolore) pendenti dai rami come se fossero frutti. Il dipinto naturalmente è perfettamente in linea con l’ortodossia barocca della Controriforma, ma la struttura allegorica sembra ripresa dai modelli ermetici ed alchemici, soprattutto litografie e immagini a stampa, che occultamente giravano negli ambienti esoterici e rosacrociani della nobiltà.
I tesori del Museo di Messina A proposito di antica aristocrazia, è possibile ammirare in una sala del museo anche una straordinaria carrozza dorata del XVIII secolo, utilizzata dal senato messinese. Molto ben conservata, venne realizzata nel 1742 dall’artigiano Domenico Biondo e arricchita con dipinti del pittore Letterio Paladino. Trainata da tre coppie di cavalli, veniva utilizzata nelle occasioni più importanti, e al suo interno prendevano posto i senatori e il Mastro Notaro.
Non mancano neppure i reperti enigmatici, ad esempio le “croci patenti” come quelle dei cavalieri templari, scolpite non solo in reperti medievali (il che sarebbe abbastanza logico), ma anche in un sarcofago di età antica conservato nella sezione archeologica. Un altro capitello che si può ammirare all’ingresso del museo presenta invece delle decorazioni tra cui spiccano quelle che sembrerebbero delle pannocchie di mais, cereale com’è noto originario del Nuovo Mondo. Il capitello proveniente dalle rovine dell’antico duomo, è datato all’età medievale, in un’epoca dunque in cui l’America ufficialmente non era ancora stata scoperta. Le cosiddette pannocchie di mais, vedendole con gli occhi degli scettici, è probabile che siano in realtà dei gigli ritratti con molta enfasi dai loro artefici scalpellini. Ma sollevare qualche dubbio in merito non è da ingenui fantasiosi. Diversi archeologi e storici dell’antichità sospettano infatti che Fenici, Cartaginesi e forse anche Greci e Romani, possano aver raggiunto sporadicamente e casualmente le coste americane. A Pompei e in altri musei, in Italia e all’estero, è possibile infatti ammirare affreschi, mosaici o statuette che ritraggono chiaramente degli ananas, frutti anch’essi originari del Nuovo Mondo. Si dovrebbe dunque sospettare che anche in età medievale, seguendo la scia dei Vichinghi che si fermarono sulle coste canadesi, qualche nave sia giunta prima di Colombo sulle coste messicane e abbia portato in Europa qualche pannocchia di mais? Al momento naturalmente non ve n’è alcuna prova certa, ma in futuro chissà…





Il Museo Regionale di Messina si trova in via Libertà 465. È comodamente raggiungibile dalla piazza della Stazione FS con il tram n. 28 fino al capolinea, dinanzi all’edificio del museo. Gli orari di apertura sono: dal martedì al sabato, ore 9.00 – 19,00; la domenica dalle 9 alle 13; il lunedì chiuso. Il prezzo del biglietto è attualmente di 9 euro (ridotto 4,50). In alcuni giorni dell’anno (come la prima domenica del mese) l’ingresso è libero. Per maggiori informazioni visitare il sito ufficiale del museo: www.museo.messina.it .
Testo di Ignazio Burgio. Tutte le foto sono state scattate dall’autore all’infuori dell’immagine del quadro di Polidoro Caldara, tratta da Wikipedia. Articolo pubblicato il 26 ottobre 2024.



I tesori del Museo di Messina

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