Non molto lontano dall’attuale città di Noto, celebre per lo stile barocco che impreziosisce ville, chiese, ed edifici pubblici, si trovano i ruderi della vecchia Noto, la cittadina medievale e rinascimentale – ma di origini greche e poi romane – distrutta dal tremendo terremoto del 1693. Il luogo in cui le rovine manifestano tutta la loro desolazione è il Monte Alveria ( = “Monte degli olmi”), un altipiano a forma di cuore con un’altitudine di poco più di 400 m s.l.m. circondato da tre profonde gole, o “cave”: quella del Durbo (= il nome del platano in siciliano) a sud; quella del Salitello, con l’omonimo fiume, ad est; e la Cava del Carosello ad ovest. In fondo a quest’ultima scorre il fiume Asinaro. Per ragioni di conformazione geologica, il suo corso è inframezzato da piccoli laghetti, di dimensioni variabili a seconda della stagione e della piovosità, per molti versi simili a quelli più famosi formati dal vicino fiume Cassibile nella vallata di Cavagrande. Come in questa oasi naturalistica, anche i laghetti della Cava del Carosello sono infatti caratterizzati da piccole cascatelle, compreso lo straordinario laghetto pensile a strapiombo che si affaccia sulla vallata del Durbo con cascata sottostante, e che insieme alla vegetazione lussureggiante attirano nelle belle giornate un gran numero di escursionisti e bagnanti.
Ma se oggi il valore del fiume Asinaro è esclusivamente naturalistico e turistico (e non è poco…), fino al secolo scorso costituiva anche una preziosa risorsa economica, in particolar modo all’epoca in cui la vicina (e soprastante) Noto vecchia era ancora una città integra e florida, come testimoniano i resti di mulini e concerie che si trovano ancora oggi lungo le rive del fiume, in mezzo alla vegetazione.
Gli ambienti dell’una e dell’altra attività sono costituiti da cavità naturali o, al contrario, appositamente scavate nella roccia calcarea. Dei mulini – almeno tre – rimane molto poco, solo i frammenti delle macine e le condotte idrauliche (o saje). Fino alla metà del secolo scorso comunque qualcuno di essi macinava ancora il grano, ed i sacchi, di frumento all’andata, e di farina al ritorno venivano portati a dorso di mulo lungo la Via dei Saccari, un sentiero che si snodava lungo la valle.
Si sono viceversa conservate molto meglio le concerie – almeno trenta quelle ritrovate dallo studioso Bruno Ragonese negli anni ‘70 – caratterizzate da un serie di vasche, scavate anch’esse nella roccia, di forma per lo più rettangolare ma di dimensioni diverse a seconda delle diverse fasi della lavorazione delle pelli. Dal momento che anche questo tipo di attività richiedeva molta acqua, si spiega il motivo per cui veniva svolta in prossimità del fiume Asinaro.
Furono gli Arabi intorno all’anno 1000 ad impiantare mulini ad acqua e concerie nella Cava del Carosello. Nel 1154 il geografo arabo El Edrisi riferisce di numerosi mulini presenti nel circondario di Noto. Secondo le testimonianze storiche, l’apice dell’attività economica si ebbe comunque alla fine del XVI secolo allorché nel 1593 erano attivi almeno venti mulini. La distruzione di Noto antica cento anni dopo inferse un duro colpo all’attività economica lungo il fiume Asinaro, ma come già detto l’ultimo mulino, il mulino Carpino, cessò la sua attività solo nel 1954 con i lavori di costruzione dell’acquedotto per Pachino, e la contemporanea concorrenza dei mulini elettrici.
Ancora fino al secolo scorso la vegetazione della Cava del Carosello veniva sfruttata anche per altre attività, come il legname, la produzione di corde dalla liama, ovvero la pianta dell’ampelodesma o saracchio, la raccolta del timo (o sataredda) usata come spezia in cucina, e la produzione di carbone e carbonella. Una volta cessate tutte queste attività – che davano lavoro a molte famiglie – perché diventate poco convenienti dal punto di vista economico, l’area naturale venne abbandonata a se stessa, finché già alla fine del secolo scorso non fu riscoperta da escursionisti ed amanti della natura. Dal 2008 un comodo sentiero porta dalle rovine dell’antica Noto giù fino alle sponde dell’Asinaro, tra gli invitanti laghetti e le rovine scavate nella roccia.
Immagini della Valle del Carosello e di Noto Antica:
Come arrivare. Percorrendo la SS 287 Noto-Palazzolo Acreide, al decimo km circa da Noto, si gira a destra per il Santuario della Madonna della Scala. Superato questo, dopo pochi km si raggiunge il sito archeologico di Noto Antica, con le sue mura e l’antica “Porta della Montagna”. Oltrepassata tale porta ad arco, si percorre la strada sterrata che, costeggiando i ruderi dell’antico Castello, si inoltra tra le rovine dell’antica città. Proseguendo in direzione sud, poco prima di raggiungere una grande edicola votiva, si svolta a destra per un sentiero laterale fino ad una scaletta in legno, che bisogna scavalcare per superare la recinzione del demanio forestale, e si inizia il percorso di discesa a fondovalle verso il fiume Asinaro, i laghetti e le concerie. Per le visite alla Cava del Carosello si suggerisce di affidarsi ad associazioni escursionistiche e guide esperte.
Fonte: Michele Nanzarelli, Emanuele Uccello, Gli impianti artigianali della Cava del Carosello a Noto antica, in: www.edizionincontri.it
Testo e foto di Ignazio Burgio.
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