In Piazza Bellini a Palermo, a pochi metri di distanza dalle chiese di San Cataldo e della Martorana, s’innalza la chiesa di Santa Caterina d’Alessandria facente parte dell’omonimo monastero domenicano. Mentre quest’ultimo risale al XIV secolo, la chiesa venne costruita nella seconda metà del ‘500 – tra il 1566 e il 1596 – in sostituzione di una preesistente chiesa in stile medievale dedicata a Santo Stefano. La nuova chiesa venne realizzata con uno stile inizialmente tardo-rinascimentale, ma successivamente arricchita, specie al suo interno, con affreschi, sculture e decorazioni in stile barocco e poi rococò. Entrando dentro l’edificio a navata (o ambiente) unica, si resta infatti colpiti dalla sovrabbondanza di colori e dal completo sfruttamento di ogni minimo spazio con marmi, sculture, altorilievi, stucchi, affreschi, dipinti, ecc. realizzati dai migliori artisti presenti in Sicilia, quali Antonello Gagini, Giacomo Serpotta, Giovan Battista Ragusa, ecc. Se infatti lo stile barocco (dal portoghese barroco = perla irregolare) aveva come finalità quella di catturare l’attenzione e meravigliare la vista, il rococò (dal francese rocaille, stile decorativo con sovrabbondanza di conchiglie, coralli, ciottoli, ecc.) tendeva a spettacolarizzare oltre ogni limite, riempiendo di arte ogni minimo spazio vuoto.
In stile tardo-rinascimentale sono sopravvissute le due facciate della chiesa, quella principale in Piazza Bellini, e quella secondaria in Piazza Pretoria, con entrambi gli ingressi in cima a una doppia scalinata. La facciata principale contiene anche una statua di Santa Caterina e sulla sommità anche un medaglione con i simboli tradizionali della santa, ovvero la ruota, la spada, la palma e il giglio.
All’interno, in stile barocco è il “coro piccolo” (piccolo per modo di dire) presso l’ingresso, completato nel 1683 e sorretto da colonne a spirale in marmo rosso. Alle pareti si presentano affreschi con scene di vita della santa realizzati da Francesco Sozzi e dal cognato Alessandro D’Anna nel 1769. Ugualmente settecenteschi, alzando gli occhi verso il tetto a volta della chiesa, sono gli affreschi che rappresentano “La gloria di Santa Caterina”, che costarono la vita al suo esecutore, il pittore Filippo Randazzo, poichè morì nel 1748 cadendo dall’impalcatura mentre li ultimava.
Alle pareti della navata spiccano numerosi altorilievi in marmi di diversi colori, quali in particolare l’episodio biblico di “Giona e la balena” – il primo sulla parete di destra – dello scultore palermitano Giovan Battista Ragusa (vissuto a cavallo tra sei e settecento), di cui colpiscono sia il realismo dei dettagli sia l’effetto tridimensionale.
Sempre lungo le pareti sono presenti sia numerose statue in marmo bianco di sei sante dell’ordine dei domenicani, sia altrettante cappelle laterali contenenti dipinti e affreschi del sei, sette, e ottocento. La seconda cappella di destra, dedicata al Santissimo Crocefisso, ospita un crocifisso in legno del settecento realizzato con grande realismo, in particolare riguardo all’espressività dolorosa del volto di Cristo.
La parte della chiesa artisticamente più ricca e sontuosa (come se fino a questo punto si fosse visto ben poco!…) è costituita dalla zona degli altari in fondo alla navata. Nella parte destra del transetto (il lungo corridoio trasversale che in ogni chiesa interseca la navata) è presente l’altare minore (se proprio vogliamo chiamarlo minore…). Questo si trova fra un doppio ordine di colonne a spirale, ed è accompagnato non solo dalla statua in marmo di Santa Caterina realizzata da Antonello Gagini nel 1534, ma anche da due statue che rappresentano la Fortezza e la Pudicizia realizzate da Giovan Battista Ragusa, e in alto, da altre statue raffiguranti la Gloria di Dio con gli Angeli che suonano, scolpiti dal medesimo Ragusa. Incredibilmente venne trovato anche lo spazio per una “Vergine dormiente” in cera sopra l’altare, e, incassato nella parete di destra, anche per il monumento funerario di Guglielmo Aldobrandeschi conte di Santa Flora.
Dalla parte opposta, nella parte sinistra del transetto, si apre il portale d’ingresso che si affaccia su piazza Pretoria, ma ovviamente in maniera tutt’altro che spartana. Davanti al portone si trova infatti una antiporta realizzata in legno scolpito e dipinto, affiancata da due coretti sopraelevati e sotto, un pulpito in legno intagliato dipinto e dorato.
L’altare maggiore è poi talmente ricolmo di sfarzo da fare impallidire anche la più fornita galleria d’arte. Tabernacoli di ametista, colonne di lapislazzuli, angeli dorati e cherubini appoggiati su prezioso marmo verde, nonché candelabri d’argento: Giovan Battista Marino, e dopo di lui i suoi figli, lavorarono dal 1705 al 1726 per realizzare un tale capolavoro rococò grazie alle notevoli risorse finanziarie lasciate da suor Vittoria Felicita Cottone. Sul pavimento, tra i preziosi disegni di marmi di diversi colori sopravvivono alcuni mosaici, resti della pavimentazione dell’antica chiesa medievale.
Non mancano neppure pregevoli affreschi settecenteschi, sia sopra l’altare – “L’anima in gloria ascende in paradiso” che i pittori messinesi Paolo e Antonio Filocamo realizzarono nel 1728 – sia soprattutto all’interno della cupola, con “Il Trionfo dell’ordine domenicano” e “Le allegorie dei quattro continenti“, eseguiti nel 1751 da Vito D’Anna. E dal momento che pareva un peccato lasciare qualche spazio vuoto, anche i pilastri che sorreggono la cupola contengono quattro sculture che raffigurano santi domenicani: San Domenico, San Tommaso d’Aquino, San Pietro Martire e San Vincenzo Ferrer, realizzate dagli artisti Giuseppe e Giovan Battista Ragusa all’inizio del ‘700.
La medesima cupola tuttavia presenta attualmente anche dei vistosi segni di degrado, così come qua e là altri angoli della chiesa, come ad es. alcune cappelle laterali. Si evidenzia così anche per questo straordinario edificio l’annoso problema di conservare e restaurare i beni monumentali, anche quelli meno conosciuti e meno visitati. I monumenti come la chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, infatti oltre che capolavori artistici, sono soprattutto testimonianze dello spirito di altri tempi, di difficile comprensione per noi moderni imbevuti di tecnologia e mentalità laica. Quella della Palermo e della Sicilia pre-ottocentesca era infatti un’epoca in cui la mentalità ascetica, l’Inquisizione e la Controriforma Cattolica pervadevano ogni aspetto della vita e della quotidianità di tutti, anche al di fuori degli edifici ecclesiastici.
Galleria di immagini:
Fonti di riferimento:
Nicola Stanzione, Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, in: www.palermoviva.it .
www.monasterosantacaterina.com/chiesa .
Nota. L’ingresso della chiesa di S. Caterina d’Alessandria si trova in Piazza Bellini a Palermo. Per informazioni sugli orari di apertura, prezzo del biglietto e quant’altro, è possibile consultare il sito ufficiale della chiesa e del monastero: www.monasterosantacaterina.com.
Testo di Ignazio Burgio. Le foto sono quasi tutte dell’autore, all’infuori di quattro, all’interno della galleria d’immagini, tratte da wikipedia.
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