Le geniali invenzioni dell’antichità nel Tecnoparco Archimede a Siracusa

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Il Tecnoparco Archimede a SiracusaA poche centinaia di metri dal famoso teatro greco, a Siracusa, si apre alla meraviglia di tanti ignari turisti il Tecnoparco Archimede, un grande spazio espositivo all’aperto dove si trovano ben 25 riproduzioni in scala originale di strumenti, macchine e meccanismi vari inventati dal grande genio siracusano.
L’itinerario si apre con un video che riassume la vita e le opere di Archimede, dalla sua nascita a Siracusa nel 287 a. C. (secondo la data tradizionale) fino alla sua morte nel 212 subito dopo la conquista della città da parte dei Romani, per mano di un legionario che non lo aveva riconosciuto. Le guide quindi illustrano ai visitatori con esempi pratici le sue scoperte di geometria, matematica e meccanica, in particolare sulle leve.
Poi si passa alle invenzioni per lo sfruttamento dell’acqua e della forza idraulica, esemplificate da riproduzioni di meccanismi in legno (sempre in scala originale): le viti infinite per pompare acqua per l’irrigazione dei campi (utilizzate in tutto il periodo antico nei grandi latifondi, come quelli imperiali); un mulino idraulico molto efficiente grazie a sofisticati ingranaggi nella cui realizzazione lo scienziato siracusano era un vero esperto; un orologio ad acqua (con tanto di lancetta); e soprattutto la dimostrazione per mezzo di una bilancia immersa in un acquario delle leggi idrostatiche scoperte sempre da Archimede.
Certamente più straordinarie e spettacolari tuttavia appaiono le macchine belliche, molte delle quali utilizzate per difendere la città di Siracusa dall’assedio dei Romani. Si trovano così riproduzioni, sempre a grandezza naturale, di catapulte e baliste, alcune inventate da Archimede, altre da lui perfezionate, capaci di lanciare dardi o sfere di pietra a grande distanza. Curioso, per l’epoca, è anche il cosiddetto Scorpione, un meccanismo in grado di lanciare in un solo colpo parecchie lance, come una specie di mitragliatrice, con l’effetto se non di ferire, perlomeno di terrorizzare e far fuggire i nemici sotto le mura. Ancor più sorprendente appare la riproduzione dell’Architronito, una sorta di cannone antico che sparava i proiettili di pietra con la forza del vapore.
Tuttavia gli strumenti bellici per cui Archimede è rimasto famoso nella storia sono quelli da lui inventati per distruggere le navi nemiche. Ad esempio le Mani Ferree, lunghi e robusti arpioni che agganciavano dall’alto le prue dei vascelli nemici e le facevano ricadere violentemente provocando danni all’equipaggio ed agli stessi navigli. Ma soprattutto i famosi Specchi Ustori, di cui nel tecnoparco sono presenti due riproduzioni in metallo, capaci di concentrare la luce solare fino a incendiare le vele delle navi nemiche – come dimostrano le guide adoperando delle foglie secchie che prendono fuoco in pochi secondi.
Il Tecnoparco Archimede a SiracusaSecondo quanto scritto da Cicerone in alcune sue opere (De re publica, Tusculanae disputaziones) Archimede avrebbe anche costruito un planetario che riproduceva perfettamente i moti apparenti del sole, della luna e dei pianeti allora conosciuti. Il pensiero naturalmente va ai resti del cosiddetto “Meccanismo di Antikitera”, una serie di grossi frammenti di ruote dentate, rinvenuti nell’anno 1900 da alcuni pescatori sui fondali dell’isola greca di Antikitera. Risalenti al II o I secolo a. C., e conservati attualmente al Museo archeologico di Atene, sono stati studiati per più di un secolo, e in anni recenti anche con i raggi X. Se ne è concluso che dovevano costituire una sorta di calcolatore astronomico, azionabile con una manovella, in grado di predire le fasi della luna, le eclissi ed i movimenti dei pianeti conosciuti. Alcuni studiosi non escludono che possa trattarsi di una copia proprio del planetario di Archimede, trasferito dal console Marcello, dopo la presa di Siracusa, a Roma, presso il Tempio della Virtù.

Indubbiamente il livello della tecnologia antica era molto elevato, per la verità non solo grazie ad Archimede, ma anche ad altri geniali inventori a lui contemporanei, come Ctesibio e Filone di Bisanzio. Successivamente anche Erone di Alessandria d’Egitto, intorno al I sec. a. C. inventò oltre che straordinarie macchine automatiche anche un motore a vapore (l’Eolipila). Sin dall’inizio del secolo scorso diversi studiosi dell’economia antica si sono chiesti come mai a quell’epoca non si giunse ad una Rivoluzione Industriale come poi avvenne dal XVIII secolo in Gran Bretagna.
La risposta più comune fornita da molti storici, secondo cui l’abbondanza di schiavi nelle fabbriche artigianali avrebbe disincentivato gli imprenditori dell’epoca dall’investire in tecnologia, in realtà non è sostenibile. Non solo perchè nell’antico mondo ellenistico-romano gli operai liberi erano più numerosi degli schiavi (specie al di fuori dell’Italia), ma anche perché non si comprenderebbe come mai nel 1768 in Giamaica, e nel 1797 a Cuba – in zone quindi caratterizzate da un’economia servile – vennero introdotte delle macchine a vapore per macinare grandi quantità di canna da zucchero coltivata in quelle isole dagli schiavi neri.
In realtà è molto più verosimile che fossero gli stessi imprenditori del mondo antico a non sentire alcuna necessità di aumentare oltre una certa misura la produzione dei propri beni, né tanto meno di investire in nuove tecnologie. Questo perché anche nei periodi di maggiore prosperità economica la domanda di tessuti, ceramiche, utensili, ecc., non riuscì a raggiungere mai i livelli che avrebbe raggiunto nel mondo moderno, non solo per la minore popolazione del mondo ellenistico-romano (intorno ai 50 milioni di abitanti al tempo di Augusto) rispetto ai 150 milioni di abitanti dell’Europa e dell’America all’inizio dell’Ottocento, ma soprattutto a causa della povertà di quasi tutta la popolazione del mondo antico. Il costo della vita era infatti molto alto per colpa in primo luogo della scarsa produzione agricola complessiva, e dunque la maggior parte della popolazione era costretta a consumare tutto il suo reddito per la spesa alimentare.
Nulla di paragonabile dunque con le condizioni sociali ed economiche dell’Europa nel XVIII secolo, all’inizio della rivoluzione industriale, dove tecniche agricole molto più progredite consentirono in quel periodo non solo di sostenere una popolazione di molto superiore ai 100 milioni di abitanti, ma anche di accrescere il potere d’acquisto di vasti strati sociali, complice proprio il prezzo relativamente contenuto dei beni di prima necessità. Di qui l’accrescimento della domanda di beni diversi da quelli alimentari, in primo luogo i tessuti, che indusse gli imprenditori britannici – al contrario di quelli antichi – a meccanizzare sempre più i sistemi di produzione.

Anche la matematica dell’epoca – quella appresa e seguita da Archimede stesso – aveva i suoi limiti. Gli antichi ignoravano l’idea e la cifra dello zero, che solo nel medioevo i matematici arabi avrebbero acquisito dai loro colleghi indiani e poi avrebbero fatto conoscere in Europa, tramite il matematico Leonardo Fibonacci, all’inizio del XIII secolo. Di conseguenza la matematica nel mondo antico non era astratta ma molto concreta, di tipo geometrico. Ciò che oggi riesce a fare qualsiasi bambino di prima elementare che si diverte ad aggiungere sempre più zeri dopo la cifra 1, per gli antichi era qualcosa di inconcepibile, e proprio Archimede ce ne ha lasciato una dimostrazione nel suo saggio l’Arenario.
In questa sua opera, volendo misurare le dimensioni dell’Universo, come conosciuto e immaginato nella sua epoca, il geniale siracusano calcola quanti granelli di sabbia ci vogliano per riempirlo. Arriva naturalmente a cifre enormi, ma il suo metodo, comune alla mentalità degli altri studiosi dell’età antica – Pitagora, Euclide, ecc. – tradisce appunto una visione della matematica non astratta bensì concreta, legata alle cose e alle loro misure.
...Questa matematica di tipo geometrico venne utilizzata da Archimede anche per risolvere i millenari problemi di catasto e agrimensura che assillavano gli antichi Egizi. Dopo ogni piena del Nilo, i confini dei campi lungo le sue sponde finivano per scomparire costringendo ogni anno a nuove misurazioni per ripristinare le vecchie dimensioni. Nel corso della sua permanenza ad Alessandria d’Egitto, Archimede ideò un geniale metodo geometrico per calcolare rapidamente le vecchie dimensioni di un campo quadrato suddividendolo in una serie di triangoli la cui area – in rapporto alla superficie totale – fosse basata sul numero 6 e il sistema sessagesimale (quello adottato ancora oggi per gli orologi e le misurazioni astronomiche). La spiegazione di questa procedura, chiamata Stomachion, conclude anche il percorso del Tecnoparco: su dei tavolini sono presenti infatti riproduzioni di diversi triangoli scomponibili come fossero le tessere di un puzzle, che i visitatori sono invitati a ricomporre per formare un quadrato.

Inaugurato nel 2009 in seguito a un progetto del prof. Antonino Vittorio, docente di matematica e fisica, e appassionato di Archimede e di Storia della Scienza, il Tecnoparco ha ricevuto numerosi riconoscimenti, quali il Premio della Legalità da parte dell’IRCAC e il Certificato di Eccellenza per cinque anni consecutivi da parte di Tripadvisor. Ne hanno parlato diversi programmi della RAI, da Voyager a Linea Verde, ed è stato filmato da numerosissime troupe televisive nazionali ed internazionali: BBC Inghilterra, ZDF Germania, TFN Francia, NHK Giappone, National Geografic USA, e molte altre. Organizza eventi scientifici e culturali, laboratori didattici per le scuole, tour virtuali, produzioni teatrali, e quant’altro possa rendere sempre più viva e attuale la figura e l’eredità di Archimede.






Il Tecnoparco Archimede si trova in via Giuseppe Agnello 26 a Siracusa (nei pressi del famoso Teatro Greco). È aperto tutti i giorni dalle ore 9,30 alle 15, nel periodo dell’anno da novembre a febbraio; mentre da marzo a ottobre è aperto tutti i giorni dalle 9,30 alle 18. Per altre informazioni si può visitare il sito web ufficiale www.tecnoparco-archimede.com.

Testo e foto di Ignazio Burgio, all’infuori dell’immagine del Meccanismo di Antikitera, tratta da Wikipedia. La foto all’inizio del testo ritrae un modello di specchio ustorio. L’ultima foto uno dei modelli di Stomachion presenti nel Tecnoparco. Articolo pubblicato il 18 aprile 2023.

Fonti:

www.tecnoparco-archimede.com

Antonino Vittorio, Archimede Siracusano, Edizioni dell’Arenario.

Geymonat L., Storia del pensiero filosofico e scientifico, Garzanti, 1970.

Ignazio Burgio, Una mancata rivoluzione industriale nell’antichità, in: ipercultura.altervista.org.



Tecnoparco Archimede a Siracusa Le Gole di Tiberio sul fiume Pollina

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